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scuola e lavoro

Scuola e Lavoro. Due mondi cosi vicini ma cosi lontani.

Cosa crea questo disallineamento?

Scuola e lavoro un binomio da sempre alla ricerca di una convergenza, con il rischio di generare uno scollamento tra domanda e offerta di lavoro. Due mondi così affini, ma anche così lontani. Mentre le aziende hanno esigenze che richiedono ai ragazzi, che si affacciano per la prima volta nel mondo del lavoro, competenze base sulle quale costruire un percorso professionale personalizzato, dall’altra si contrappone la scuola che, con le sue specificità, rivendica un’autonomia didattica che non le si può negare.


Qual è il problema di questo disallineamento?

Secondo una ricerca del prestigioso ufficio studi dell’Associazione degli Artigiani di Mestre, siamo di fronte a oltre 5.800.000 occupati sovraistruiti in Italia. In altre parole si è venuta a verificare una mancata corrispondenza tra quelle che sono le competenze specialistiche che richiedono le aziende e quelle che possiedono i candidati.


In questo periodo siamo di fronte a un cambio generazionale in cui gli over 60 escono dal mercato del lavoro, soprattutto quelli con livelli di istruzione bassi, e molti giovani prendono il loro posto: giovani diplomati o laureati senza alcuna esperienza professionale. In molti di loro viene registrata una sovraistruzione che, rispetto al ruolo che viene richiesto in azienda, è spesso causa di un fenomeno alquanto pericoloso: la demotivazione. Il giovane con un’istruzione non allineata rispetto al lavoro chiamato a svolgere in azienda, è il più delle volte preso dallo scoraggiamento e questo, inevitabilmente, può condizionare negativamente il livello di produttività
del lavoratore e, conseguentemente, anche dell’azienda in cui il ragazzo è occupato.

L’aspetto paradossale della denuncia fatto dall’ufficio studi di Mestre è che,
ciononostante, l’Italia è il paese meno scolarizzato d’Europa.

Per esempio nel 2019 la popolazione italiana, tra i 25 e i 64 anni, che aveva almeno un titolo di studio secondario superiore era del 62,2%, un dato sicuramente più basso rispetto a quello europeo la cui media è stata del 78,8%.

In alcuni paesi si sono registrati valori più alticome in Francia (80,4%), Regno Unito (81,1%) e Germania (86,6%).


Una soluzione può arrivare proprio dalle Pmi che, rispetto alle grandi aziende le quali in genere ritagliano ambiti ben definiti al neoassunto, sono in grado di offrire un’esperienza lavorativa dove oltre alle conoscenze formali acquisite durante l’esperienza scolastica di natura tecnico/professionale, offrono ai loro dipendenti anche mansioni “allargate” che arricchiscono la persona di conoscenze operative ed esperienziali in più ambiti. A riguardo sarebbe auspicabile un maggiore avvicinamento delle Pmi al mondo della scuola per pensare insieme progetti per i giovani.

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